mercoledì 4 gennaio 2012

Equitalia e la mia tassa sui rifiuti



Alessandro Giglioli

Equitalia e la mia tassa sui rifiuti
Anch’io, nonostante sia un lavoratore
dipendente, ho una cartellina di
fogli nel cassetto dedicata a Equitalia.

Il motivo è semplice: un bel giorno l’agente della riscossione per la provincia di Roma mi ha spedito un avviso relativo a un ‘mancato pagamento’ piuttosto vecchio. Non era granché, ma mi giravano le palle perché – distrazione permettendo – di solito pago tutto, più che altro perché sono un ipocondriaco dei debiti.
Bene: il pagamento richiesto si riferiva a una tassa sui rifiuti del Duemila e rotti per un appartamento di Milano che avevo venduto nel 1992.
Mi sono detto: beh, è evidente che questi soldi non sono dovuti, basta mandare una bella letterina a Equitalia spiegando l’errore, allegata fotocopia del rogito della casa.
Mica così facile, invece, perché le cartelline continuavano ad arrivare, sempre più minacciose.
Così ho investito un pomeriggio del mio tempo per cercare di chiarire la mia situazione con Equitalia, un cui gentile funzionario alla fine mi ha spiegato papale: «Noi non c’entriamo niente». Come non c’entrate niente, ma se continuate a chiedermi soldi? «Sì, ma non c’entriamo niente. Se a noi una pubblica amministrazione dice di riscuotere del denaro, noi dobbiamo riscuoterlo. Se ha sbagliato la pubblica amministrazione, se la veda con loro».

Insomma, il meccanismo è che loro minacciano sfracelli per conto terzi senza sapere se questi terzi hanno ragione o torto.
Un po’ come se io andassi dal mio nerboruto amico Piero e gli dicessi che Giovanni mi deve cento euro: se riesce a farseli dare lui, gliene lascio dieci. Piero non sa se davvero Giovanni mi deve cento euro: però va a prenderlo per la collottola per farsi dare il centone.
A occhio, mi pare una dinamica un po’ perversa.
Certo, probabilmente figlia di un Paese di furbi dove l’evasione è tale e tanta che lo Stato è costretto a chiamare i bulli del quartiere per farsele pagare.
Ma mi sembra un metodo piuttosto sbilenco.
Non sarebbe un filo più corretto che i soldi mi venissero chiesti dal presunto creditore, non da uno che per sua ammissione non c’entra niente?Bah.
Comunque, per la tassa sui rifiuti dopo un po’ di mesi ce l’ho fatta, grazie a un lungo scambio di raccomandate e di telefonate con il Comune di Milano, che alla fine mi ha mandato una mail per confermarmi che quella cifra non era dovuta.
Da Equitalia niente, ed è per questo che conservo ancora tutta la documentazione nel cassetto: so che se una sera trovassi una nuova busta, non sarebbe una lettera di scuse per avermi minacciato ingiustamente per anni, ma più probabilmente la richiesta di pagare il bollo di un’auto che ho rottamato vent’anni fa.

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