mercoledì 11 gennaio 2012

Gramellini ...............

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12/1/2012

La parabola del cattivo




Da noi funziona così. All’inizio sei Francesco Maria De Vito Piscicelli, imprenditore con faccia comica o crudele, dipende dalla foto, e vieni intercettato al telefono mentre ridacchi del terremoto dell’Aquila propiziatore di appalti. Diventi l’orco, il cattivo per antonomasia, il simbolo della cricca di affaristi che si disputa le briciole più grosse del banchetto della politica. Ti viene l’ulcera, finisci per qualche tempo in galera, poi cerchi di farti dimenticare, ma rovini tutto atterrando con l’elicottero sulla spiaggia di Ansedonia per portare la mamma a mangiare il pesce. Cominci impercettibilmente a spostarti verso la redenzione: diventi un pentito e inguai un sottosegretario dallo sguardo triste e dal cognome Malinconico, confessando di avergli pagato il conto di un albergo da signori al solo scopo di compiacere un amico. Smessi i panni dell’orco, inizi il percorso di avvicinamento al ruolo più ambito: quello della vittima. Rilasci interviste dove ti dipingi come un onesto lavoratore spremuto da gente senza scrupoli, «non le dico la volgarità delle richieste, i ricatti». Un brav’uomo a cui hanno tolto tutto: gli appalti, il porto d’armi, persino la licenza per l’elicottero. La parabola è quasi completa. Non ti rimane che l’ultimo passo: da imputato ergerti a giudice che pontifica contro il sistema di cui fa parte. Anche lo sghignazzo sul terremoto si trasforma in una prova del complotto ai tuoi danni. «Mi hanno crocefisso per una battuta» dici. E magari a questo punto vorresti pure l’applauso.

Be’, il mio non lo avrai.

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Gabriella Del Sorbo:

A sti pupazze 'e carne affocaggente
l'avessame educà cu 'o manganiello,
oppure, la natura priviggente,
avess' 'a fa turnà nu Masaniello.
Ma 'e ccose no... nun cagnano
... e v' 'o dich'i' 'o pecchè:
nuie simme tanta pecure...
facimmo sempe "mbee".

A. De Curtis

martedì 10 gennaio 2012

“Il ventennio berlusconiano ha ucciso la cultura”

Intervista a Romano Luperini a cura di Maria Borio

Romano Luperini è uno dei maestri della critica letteraria italiana. Docente di Letteratura italiana alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Siena, è anche un intellettuale impegnato civilmente e politicamente. Lo abbiamo intervistato.

Come ha conciliato il professore e l’intellettuale?
Come professore, ho cercato di mantenermi mentalmente libero. Non ho mai accettato cariche istituzionali troppo impegnative, e ho sempre anteposto i rapporti diretti, culturali e politici, con studenti e colleghi a quelli determinati dalle dinamiche della corporazione di cui faccio parte. Nei miei corsi ho cercato di definire il senso di libri e di autori in rapporto al senso della vita e ai compiti che esso comporta. Insomma ho cercato di tenermi alla larga dall’accademismo e anche dagli eccessi dello specialismo. Nel bilanciare i due aspetti penso di aver dato forse la preferenza all’intellettuale o, se si preferisce, alla funzione dell’intellettuale piuttosto che al suo ruolo all’interno del meccanismo istituzionale.

Quali differenze vede fra l’università degli anni settanta, quando ha cominciato a insegnarvi, e quella attuale?
Posso parlare della Facoltà di Lettere e Filosofia di Siena, dove ho insegnato tutta la vita, se si eccettuano varie esperienze all’estero, negli USA e soprattutto in Canada, all’University of Toronto. Quando ho cominciato, agli inizi degli anni settanta, la facoltà era nata da poco e risentiva fortemente del clima del Sessantotto. Di fatto le cariche erano assunte a rotazione, non esisteva quasi traccia di autorità e potere accademici, tutto si svolgeva in modi democratici. Una prima svolta si è avuta negli anni ottanta, quando per la prima volta ho assistito a vere e proprie competizioni per diventare preside di facoltà. Nell’ultimo ventennio, da un lato la facoltà conservava elevati standard professionali, dall’altro si diffondeva il clientelismo, l’apparato burocratico veniva gonfiato enormemente, crescevano i debiti, sino alla catastrofe attuale dell’intera Università di Siena. Contemporaneamente il passaggio al 3+2 e al sistema dei crediti, realizzato a Siena con particolare prontezza e singolare durezza, si è risolto in un moltiplicarsi confuso di moduli e di corsi di laurea, con un peggioramento complessivo della qualità dell’insegnamento. Il ritorno a corsi più lunghi di 72 ore ha un poco raddrizzato la situazione nel triennio, mentre nel biennio i moduli di 36 ore continuano a imperversare con conseguenze tutt’altro che positive. Se non si dà una frequentazione nel tempo fra professore e allievi e se non si permette allo studente di stare su libri impegnativi in continuazione per diversi mesi e non solo per poche settimane, è ovvio che l’insegnamento ne risenta. Se si aggiunge poi l’incredibile burocratizzazione del ruolo di docente, sempre di più sottoposto a controlli di tipo quantitativo invece che qualitativo e sempre di più indotto a esercitare un ruolo impiegatizio ed esclusivamente didattico in senso pigramente ripetitivo, si può capire in quale spirale siamo caduti.

Lei si è occupato molto anche di problemi di didattica della letteratura nelle scuole medie superiori, è stato autore di uno dei manuali di letteratura più diffusi nei licei e ha scritto anni fa un libro dal titolo significativo, “Insegnare la letteratura oggi”. Che ne pensa della situazione degli insegnanti umanisti e dello stato dell’insegnamento della letteratura nelle scuole medie superiori?
I professori di italiano nei licei, salvo poche eccezioni, vivono un periodo di profonda frustrazione. Anche per loro si è verificato un processo di burocratizzazione impiegatizia e di brutale quantificazione nella valutazione dei risultati dell’insegnamento. Nel contempo niente si fa per il loro aggiornamento culturale, lasciato alle iniziative dei singoli docenti, peraltro con sempre minor tempo a disposizione per questo aspetto, pur molto rilevante, della loro professionalità. Inoltre si è fatto sentire il disprezzo ampiamente diffuso per le discipline umanistiche, per il libro e per la lettura, in un momento in cui sembrano contare solo l’economia e la tecnologia. Gli studenti avvertono il testo letterario come estraneo, e scritto in una lingua estranea e incomprensibile. Tutto ciò in una situazione di crescente degrado: aumentano gli studenti per classe, diversi fra loro sono stranieri e richiedono tempo e attenzione particolari, ma intanto diminuiscono di numero gli insegnanti e il canone della letteratura si è dilatato sino a comprendere ben 26 autori. In questa situazione le disposizioni della Gelmini si limitano ad alcuni aggiustamenti tecnici sul programma di letteratura (anticipazione al biennio dalle origini sino allo stilnovismo, spostamento di Leopardi all’ultimo anno) quando bisognerebbe lavorare con coraggio a un nuovo paradigma didattico, che punti sui “grandi libri”, rinunci a uno studio esclusivamente cronologico dei movimenti e degli autori, privilegi l’approccio induttivo su quello deduttivo ecc.

E’ sempre più raro incontrare sulle cattedre della università italiana figure di scrittori e di poeti. Come interpreta questo fenomeno e il distacco fra autori e studiosi di letteratura?
Ho cominciato a insegnare a Siena con Fortini e sono stato amico di Sanguineti. Entrambi sono stati notevolissimi poeti e ottimi docenti. E tutti ricordano Ungaretti. Oggi i casi di questo tipo sono molto più rari. Il fatto è che il professore universitario di letteratura sta diventando uno specialista in filologia: cessa di essere un critico letterario e un interprete di testi e diventa un professionista che applica metodi di ricerca oggettivi e “scientifici”. Il senso di un’operazione letteraria non viene più posto al centro dell’insegnamento, e quest’ultimo si tecnicizza all’estremo. Questa è anche una risposta alla crisi dell’intellettuale: avendo perso una funzione complessiva, si cerca di riqualificarne la figura secondo la tendenza dei tempi e cioè in direzione tecnico-scientifica. La carriera di un professore di letteratura italiana e anche di letteratura italiana contemporanea può, dunque, di fatto quasi ignorare la interpretazione dei testi e ridursi alla mansione di tenerli in ri-uso sul piano strettamente filologico (edizione critica, accertamento delle varianti, erudizione specialistica ecc.).

Che giudizio dà della letteratura italiana più recente, del ruolo dei premi letterari e dell’editoria?
Il periodo del postmodernismo, nell’ultimo ventennio del Novecento, non è stato, soprattutto per la narrativa, di alto livello. Alla stagione di Calvino, Volponi, Pasolini, Sciascia, Morante è seguita quella di Eco, Tondelli, Tabucchi, autori interessanti e talora notevoli (soprattutto Tondelli e un certo Tabucchi), ma privi dell’impatto dei maggiori autori della stagione precedente. Anche in poesia nessuno dei nuovi autori ha raggiunto l’autorità di Zanzotto, Luzi, Sanguineti, Sereni, Caproni, Fortini. Qualcosa di nuovo sta succedendo negli ultimi anni, col tramonto del postmodernismo. Dopo Gomorra si assiste a un “ritorno alla realtà” (come si dice in linguaggio giornalistico) e a tematiche civili soprattutto nella generazione degli scrittori più giovani (ma anche fra gli anziani qualcosa di nuovo si vede, penso a Balestrini e a Siti). Il guaio è che la narrativa è fortemente condizionata dalla politica miope dell’industria culturale, che ormai punta solo al successo economico immediato e mira a un profitto da raggiungersi non più sulla massa delle pubblicazioni, ma addendo per addendo, libro per libro. L’industria insomma immette sul mercato troppa merce avariata, inquinandolo alle radici. Si salva la poesia, perché non fa mercato. L’Italia è un paese dove tutti scrivono poesie, ma nessuno le legge e le compra. I libri di poesia sono solo sporadici fiori all’occhiello delle case editrici. Ciò garantisce alla poesia una nicchia, molto discreta e appartata, di sopravvivenza. Quanto ai premi letterari, sono troppo subordinati alla industria culturale per poter costituire una valida alternativa.

Quale rapporto vede fra mondo del lavoro e università? A quale sbocco professionale possono aspirare i neolaureati o coloro che acquisiscono il titolo di dottorato in una università italiana?
Nel mio studio all’università ho appeso questa scritta evangelica: “Quaerite primum regnum dei, coetera supervenient” (cercate per prima cosa il Regno di Dio, il resto vi sarà dato per soprammercato). Non so più, da qualche anno, se davvero “coetera supervenient”. L’università italiana è in grado di preparare ottimamente i propri dottorandi ma, dopo aver speso tanti soldi nella loro formazione, non è in grado di assicurare loro un lavoro e finisce anzi per regalarli, già formati, a paesi stranieri. Una follia anzitutto economica. Negli ultimi anni fra i neoaddottorati della mia Scuola di dottorato solo due hanno trovato un impiego in strutture universitarie, ma non in Italia: uno a Malta e un altro, addirittura, a Seul, in Corea. Gli altri fanno lavori saltuari e precari o, tutt’al più, qualche supplenza alle scuole medie inferiori (ma occorreva un dottorato per simile sbocco?). Un disastro. Questo dei giovani senza lavoro è il vero disastro della università e della società italiana di questi anni.

Dagli ideali alle marchette, questa la parabola della Seconda Repubblica. Che fare?
Si parla tanto di crisi dell’economia. Ma la crisi morale e culturale non è meno grave e profonda. Il degrado in questo campo è ormai intollerabile. La decadenza della ricerca italiana, la mancanza di finanziamenti in questo settore, il collasso della scuola pubblica e della università italiana sono sotto gli occhi di tutti. Come il nostro paese, nel giro di un ventennio, sia potuto scendere così in basso andrebbe prima o poi spiegato. Da noi il peggio, compreso il razzismo, ha attecchito con una velocità sorprendente. C’è, io credo, anche una questione, diciamo così, di antropologia culturale. Fra l’Italia di Mussolini e quella di Berlusconi c’è una continuità non tanto strettamente politica, quanto iscritta nella storia del costume, della mentalità e dei comportamenti (come già li descriveva Leopardi due secoli fa). Per ripartire, io credo che necessario farlo dalle basi, e dunque operando sulla scuola, sulla università e sulla televisione, vale a dire sulle principali agenzie del sistema educativo e formativo. Solo una grande riforma di questi settori, e un risoluto investimento nella educazione pubblica, può raddrizzare una situazione ormai quasi irrecuperabile.

Se dovesse scrivere un romanzo che cosa vorrebbe raccontare?
Il romanzo italiano si è andato sempre più “privatizzando”. Non era così all’epoca di Le mosche del capitale o di Petrolio o di La giornata di uno scrutatore o di Il giorno della civetta e Todo modo. Poi si è diffuso il romanzo storico postmodernista, in cui la storia era più scenario e fondale che tessuto sociale e politico connettivo, infine il romanzo dei cannibali, tutto sesso, droga e crimine, e il giallo di evasione. Credo che occorrerebbe tornare a incrociare pubblico e privato, dimensione politica e storia esistenziale. Nel romanzo statunitense questa soluzione appare naturale e persino ovvia, e così anche nei romanzi di molti paesi del cosiddetto terzo mondo. Perché non dovrebbe accadere anche in Italia? Perché in Italia gli autori devono continuare a contemplarsi l’ombelico, a tenersi fuori dalle grandi contraddizioni della nostra epoca? Il cinema ci sta provando, se fossi uno scrittore ci proverei.

Nel 2012 lei terrà lezioni in Canada e negli Stati Uniti. Che cosa significa per lei insegnare all’estero? Come si trova in un sistema culturale e universitario non italiano?
Non ho mai avvertito un divario o una inadeguatezza della cultura italiana umanistica all’estero. Mi sono sempre sentito perfettamente a mio agio. L’alta cultura probabilmente non ha frontiere. E comunque la cultura italiana non è stata inferiore, in campo umanistico (quello a cui appartengo; non so in altri settori), a quella degli altri paesi occidentali, anche i più sviluppati. La situazione sta in parte cambiando in questi ultimissimi anni, a causa della crisi economica, culturale e morale del nostro paese. Accade che i nostri neoaddottorati intasino di richieste di lavoro le università straniere; che la mancanza di finanziamenti renda sempre più difficile invitare gli studiosi stranieri nel nostro paese e rendere possibili interscambi culturali; che la fama di Berlusconi ci perseguiti ovunque andiamo e ricada sotto forma di giudizio negativo sulla intera società e cultura italiana. E tuttavia, nonostante queste difficoltà, non credo che avrò problemi particolari. Anzi, penso che, come le altre volte, trarrò giovamento soprattutto in campi in Italia ancora poco e non sempre bene frequentati, come la teoria della letteratura e le letterature comparate. Inoltre continuerò a stupirmi di un fatto che mi ha sempre colpito in Nordamerica: Gramsci e il marxismo vi sono sempre stati praticati e tenuti nella loro dovuta considerazione, mentre in Italia professarne lo studio viene ritenuto, da un quarto di secolo e oltre, un motivo di vergogna e di disdoro. Si vede, anche da questo minimo rilievo, come in Italia abbia sempre agito lo spirito della colonia o della provincia, che induce a essere più realisti del re e più zelanti dei metropolitani nel seguire le mode. Ma questa considerazione ci indurrebbe a tornare al discorso della antropologia culturale, della mentalità e del costume del nostro paese…
(10 gennaio 2012)

lunedì 9 gennaio 2012

VALLE CAMONICA................

Andrea Falocchi
Buonasera,mi chiamo Andrea Falocchi abito in Vallecamonica,in questi giorni ho avuto modo di ricevere parecchie segnalazioni di fatti veramente accaduti e che potrebbero accadere ad ognuno di noi .
In Vallecamonica Nord Italia Lombardia,dove se denunci non ti fanno lavorare....dove non solo un immigrato ma pure un operaio Camuno, costretto a lavorare in nero se muore,viene abbondanato sulla strada...,....se invece rimani ''solo''disabile, ti portano via le figlie e rovinano le famiglie fino alla disperazione(suicidio?).
Tutto questo succede in Vallecamonica Nord Italia,non si puo' nascondere....
Provate a chiedere alle famiglie di queste persone cosa hanno fatto i Media locali per aiutarli a scoprire la verita'?
Provate a chiedere ai giornalisti e ai cameramen che hanno tentano di interessarsi a questi casi come e' andata la loro carrira all'interno di queste aziende?

mercoledì 4 gennaio 2012

Equitalia e la mia tassa sui rifiuti



Alessandro Giglioli

Equitalia e la mia tassa sui rifiuti
Anch’io, nonostante sia un lavoratore
dipendente, ho una cartellina di
fogli nel cassetto dedicata a Equitalia.

Il motivo è semplice: un bel giorno l’agente della riscossione per la provincia di Roma mi ha spedito un avviso relativo a un ‘mancato pagamento’ piuttosto vecchio. Non era granché, ma mi giravano le palle perché – distrazione permettendo – di solito pago tutto, più che altro perché sono un ipocondriaco dei debiti.
Bene: il pagamento richiesto si riferiva a una tassa sui rifiuti del Duemila e rotti per un appartamento di Milano che avevo venduto nel 1992.
Mi sono detto: beh, è evidente che questi soldi non sono dovuti, basta mandare una bella letterina a Equitalia spiegando l’errore, allegata fotocopia del rogito della casa.
Mica così facile, invece, perché le cartelline continuavano ad arrivare, sempre più minacciose.
Così ho investito un pomeriggio del mio tempo per cercare di chiarire la mia situazione con Equitalia, un cui gentile funzionario alla fine mi ha spiegato papale: «Noi non c’entriamo niente». Come non c’entrate niente, ma se continuate a chiedermi soldi? «Sì, ma non c’entriamo niente. Se a noi una pubblica amministrazione dice di riscuotere del denaro, noi dobbiamo riscuoterlo. Se ha sbagliato la pubblica amministrazione, se la veda con loro».

Insomma, il meccanismo è che loro minacciano sfracelli per conto terzi senza sapere se questi terzi hanno ragione o torto.
Un po’ come se io andassi dal mio nerboruto amico Piero e gli dicessi che Giovanni mi deve cento euro: se riesce a farseli dare lui, gliene lascio dieci. Piero non sa se davvero Giovanni mi deve cento euro: però va a prenderlo per la collottola per farsi dare il centone.
A occhio, mi pare una dinamica un po’ perversa.
Certo, probabilmente figlia di un Paese di furbi dove l’evasione è tale e tanta che lo Stato è costretto a chiamare i bulli del quartiere per farsele pagare.
Ma mi sembra un metodo piuttosto sbilenco.
Non sarebbe un filo più corretto che i soldi mi venissero chiesti dal presunto creditore, non da uno che per sua ammissione non c’entra niente?Bah.
Comunque, per la tassa sui rifiuti dopo un po’ di mesi ce l’ho fatta, grazie a un lungo scambio di raccomandate e di telefonate con il Comune di Milano, che alla fine mi ha mandato una mail per confermarmi che quella cifra non era dovuta.
Da Equitalia niente, ed è per questo che conservo ancora tutta la documentazione nel cassetto: so che se una sera trovassi una nuova busta, non sarebbe una lettera di scuse per avermi minacciato ingiustamente per anni, ma più probabilmente la richiesta di pagare il bollo di un’auto che ho rottamato vent’anni fa.

giovedì 8 dicembre 2011

MASSACRANO PENSIONATI E CLASSI MEDIO BASSE



Gabriella Giulia Ugolini
Ma vi rendete conto che TASSARE I CAPITALI ILLEGALMENTE ESPORTATI IN SVIZZERA E QUELLI SCUDATI (esportati illegalmente e poi rientrati con lo scudo fiscale) sarebbe SUFFICIENTE DA SOLO A fare DIVERSE MANOVRE (se tassati al 10-20 %) e molte di più se tassati al 43 % (cioé come chiunque non evada) ?? MA il GOVERNO NON VUOLE FARLO.... FUORI I FORCONI !!! ...
> Secondo stime svizzere, i capitali italiani evasi illegalmente in svizzera sarebbero 250 miliardi.




E Travaglio ha citato 183 miliardi di capitali scudati, che hanno pagato finora solo un 4 % di tasse. E il governo Monti ha proposto di tassare gli scudati solo un misero 1,5 %, e NON vuole stipulare un accordo con la Svizzera per la tassazione dei capitali illegalmente esportati (contrariamente a quello che hanno già fatto Germania e Regno Unito) – INACCETTABILE !!!!!
--> Capitali scudati e evasi all'estero dovrebbero essere tassati al 43 % come quelli in Italia, e i proprietari dovrebbero già essere contenti di non avere multe e di non andare in galera... e se non pagano, mandateli in galera, come si fa negli altri paesi !!!
E CHIEDIAMO ANCHE CHE SIANO RESI PUBBLICI GLI ELENCHI DI SCUDATI E GRANDI EVASORI !



https://www.facebook.com/photo.php?fbid=240983885969060&set=a.157090841025032.38458.156003117800471&type=1&ref=nf

mercoledì 7 dicembre 2011

LACRIME E SANGUE

La ministra lacrimante
fa pandan ...e questa è classe ,
e così appaion quasi sante
le imposizioni delle tasse .

Pure a Silvio pianse er core,
persino er sangue je grondava ,
'n antro poco e quasi more ,
mentre a noi ce dissanguava .

Lacrime e sangue , è 'na tortura ,
ma i feriti stanno in basso ,
pe' chi sta in alto 'sta gran cura ,
mica pesa come un masso .

S'andrà in pensione dar becchino ,
son svaniti sogni di crociera ,
senza er becco di un quattrino ,
ar massimo se farà 'na gita in fiera .

Era 'na patria e ormai è 'na fogna ,
e chi l'ha 'nfestata se la ride ,
nessun de questi ci ha vergogna ,
'sto concetto a lor non stride .

Or finisco co' 'n auspicio :
che sta gran massa de ladroni ,
pronta a chiede' all'altri er sacrificio....
la si cacci tutta all'elezioni !!

Quanno sarem richiamati ar seggio ,
aricordamose chi sono i malfattori ,
de chi er paese ha portato sempre ar peggio ,
altrimenti non guariremo mai da li dolori !!!

( Bruno Panuccio 05/12/2011 ).

giovedì 1 dicembre 2011

mafia e vaticano


Giovedì 01 Dicembre 2011 -
12:46 MILANO -
«La famiglia Lampada ha ricevuto un'importante e prestigiosa riconoscenza dal Vaticano.

Si tratta di una famiglia partita vendendo panini e finita a fatturare milioni di euro».
Lo ha sottolineato il procuratore aggiunto Ilda Boccassini, parlando dell'intercettazione citata nell'ordinanza di custodia cautelare in cui il boss Giulio Lampada il 9 novembre 2009 «informa l'avvocato Minasi, con toni amichevoli, che il giorno precedente è stato nominato cavaliere di San Silvestro dal Vaticano con nomina del monsignore Tarcisio Bertone e ha avuto targhetta, distintivo e l'altra uniforme, che si dovrà fare su misura e in tutte le 'ora in tutte le diocesi che mi ritrovo in Italia sono Eccellenza... di grado pari a Eccellenza...

Mi devono chiamare Eccellenza», scrive il gip Giuseppe Gennari

"SCONCERTA L'ANTIMAFIA PARLATA"

Un «aspetto doloroso» dell'inchiesta contro il clan Valle-Lampada è stato quello di vedere «appartenenti alla guardia di finanza, alla magistratura, alla politica e alle istituzioni che tengono comportamenti non consoni» e assistere a una «campagna politica per ingraziarsi l'antimafia, che non esiste, che è solo parlata». Lo ha dichiarato il procuratore aggiunto Ilda Boccassini nel corso di una conferenza stampa tenuta con il procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, che con i suoi pm ha collaborato all'indagine. Boccassini non ha citato Vincenzo Giglio, ma è evidente il riferimento al presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria arrestato ieri noto per le sue iniziative antimafia.

domenica 2 ottobre 2011

RIPENSANDO .......LA NOSTRA STORIA.....




Rino Napoli Doc:
ma chi è questo sul cavallo...lo stronzo che ha depredato il sud grazie ai savoia di merda? stronzo?...NO MERCENARIO.....VA A FANCULOOOO!

Mara Verzilli:
Vivo speranno e la speranza è vita pe' chi confida ancora ner futuro e nun se vo' convince ch'è finita!
Ma Quanno guardo,quel colle romano,ch'era 'no spicchio de foresta e che mo è pieno de monnezza,che era na' paggna de storia de cui non s'ha più memoria, me viè na stretta ar core, che me spezza pure, pensanno ai generali co gli ideali, che, pietrificati, guardano impotenti sti italiani impuniti!

A rattristamme, poi , è proprio Garibaldi che curvo sur cavallo affissa sempre,
er solito orizzonte come pe' dì:
" Me ne so' accorto tardi!"

Gabriella Del Sorbo :
Rino non ha tutti i torti......


Bruno Zapparrata:
Mara il tuo è un romanesco cosi' bello e accattivante, ma hai conosciuto Carpaneto, in arte Carpaggio, Claudio Sterpi, Luciano luciani, Federico Tosti, tutti veri cultori del dialetto romanesco amici quando i Nazionali dialettale erano nazionali sul serio ed io mi onoravo di farne parte ma quando poi la solfa è cambiata con sprovveduti mi sono accorto che facevano quantita' invece che qualita' tra gli scrittori e allora li ho lasciati perchè non adempivano a quelli che erano i doveri statutari...
Molto bello il tuo scritto ma concordo sulla verita' storica di Rino Napoli doc e Gabriella del Sorbo, la storia è chiara, ci hanno deppredati...solo in lire il Regno delle due Sicilie aveba 463 milioni in oro contro i 26 del Regno Sardo Piemontese, capitanati da questi valdostani e montanari dei Savoiia e Garibaldi che voleva solo fare guerrre gli diede una mano e presero il regno con tradimenti è uno di questi traditori era Liborio Romano prefetto di Polizia Nominato da Francesco II, Francischiello detto, che formo' una polizia tutta sua ed arresto le guardie reali di qui il detto
Hai fatto la fine delle guardie reali......portarono al Nord le lanerie, seterie, cotoniere e la maggior parte delle industrie napoletane compresa quella che oggi se esiste ancora chiamano Lanerossi...
Questo è quanto in maniera molto, ma molto succinta....Ciao Grazie.


Mara Verzilli:
Ok grazie a tutti e tre,la storia la conosco anche io,effettivamente Garibaldi è discutibile, io però sicuramente forse con un po' di superficialità volevo evidenziare il mio rammarico nel costatare che l'Italia non è unita.
Ben venuti, sono comunque felice se ho dato uno spunto ad una discussione costruttiva e quindi utile!

Gabriella Del Sorbo:
Mara, parliamoci chiaro. La conosci la faccenda del gallo e la gallina?
La gallina fa l'uovo e al gallo viene il bruciore.....
Io mi arrabbio a sentire tanti luoghi comuni e tante nefandezze nei confronti del sud. Lo so che non è il tuo caso ma davvero non ne posso più.
Fatto questa premessa, aggiungo che nonostante tutto io sono ITALIANA!

Sonia Frascatore :
Brava, Mara! Spes, ultima dea.... Se non ci attaccassimo a lei come l'edera alla parete, sarebbe molto difficile vivere.... Indubbiamente, anche se colpevoli di qualche misfatto, i tuoi "generali con gli ideali" saranno sicuramente stati degli "angioletti" rispetto ai malfattori che stanno distruggendo il Paese...

Bruno Zapparrata:
Sono d'accordo l'unita' si doveva fare, ma con altre regole e con gli intenti di Cavour che per vedere realizzata l'opera dovette subire anche tutto il resto appresso, tutti siamo italiani, bisogna vedere che tipi di italiani siamo, anche i padani sono italiani che sputano nel piatto dove mangiano...

Mara Verzilli :
Leggemdo attentamente i vostri commenti, apprendo con piacere, che avete capito quale fosse il mio intento.
Grazie Bruno per la raffinatezza che ti contraddistingue, grazie Sonia, per la comprensione e per la solidarietà,grazie anche a te Gabriella, così mi piaci, bella tosta e reattiva,meglio enfatica che apatica! :-)
Saluterei e ringrazierei anche il signor Rino,ma a quanto pare ha sentenziato e s'è dato! Sperando che torni,spero non armato, lo ringrazio per la raffinatezza che, lo contraddistingue, ma che in questo caso l'ha temporaneamente abbandonato. Consapevole che il suo può venire considerato un attegiamemto poco consono, ma leggittimato, dal momemto che dalla foto e stato "toccato" lo saluto e gli auguro un sonno rigenerante e soprattutto rilassante!

Gabriella Del Sorbo:
I miei più sinceri complimenti, Mara!! Non tutti avrebbero saputo rispondere come hai fatto tu! Mi piaci!

Mara Verzilli:
Grazie Gabriella,ma è facile quando si è sereni e in perfetta buona fede e sopprattutto quando si ha a che fare con persone intelligenti come voi, buona serata a tutti!

sabato 1 ottobre 2011

Sostenitori di Maurizio Landini

Pietro Ancona:
Grottesco e distorcente intervento di Napolitano sulla secessione minacciata dalla Lega.
Accende i riflettori sul sovversivismo della Lega facendosi coscienza dello Stato come scrive "La Repubblica" nel giorno in cui una lettera di Trichet e Draghi intima all'Italia le cose che si debbono fare in campo finanziario, economico e sociale spingendo fino alle minuzie nelle regole del lavoro.
Mercati e organismi internazionali hanno spogliato gli Stati di ogni autonomia e la democrazia è diventata una foglia di fico.